Antiche leggende:
AL MAZAROL
'era
una volta......
Al
“mazaròl”
un personaggio caro ai grandi e piccini ricorrente nelle leggende delle
vallate bellunesi e anche dalle nostre parti in quel di
Roncoi
ne era stata segnalata la presenza in un posto non molto distante da casa,
lungo la scorciatoia che da casa portava dritta dritta giù in paese
passando per
“Roer”,
vi era una radura a forma concava che sembrava un piccolo anfiteatro la
cui circonferenza poteva avere il diametro di una decina di metri,
protetta da piante di alto fusto che impedivano il controllo a “vista” da
parte dei genitori, un posto speciale per noi ragazzi a quel tempo
numerosi nei
“cortivi”
delle case,
all’interno i ceppi di qualche pianta tagliata ci permettevano di sederci
comodamente, e intanto le mamme da casa chiamavano e chiamavano senza
ottenere risposta alcuna.
Fu cosi che a qualche genitore venne la brillante idea di tirare in ballo
la storia della
“péca del
maharol”
assicurandoci che lo avevano visto bazzicare spesso proprio in
quella zona con una descrizione dettagliata che più o meno recitava così:
“
Al mazarol,
un omino piccolo come un folletto tutto vestito di rosso con zoccoli di
legno (dalmere)
e un grande cappellaccio, d’inverno indossava anche una jachéta turchina,
barba bianca e capelli lunghi e aggrovigliati e un viso grinzoso e
dispettoso, sempre in movimento, compariva qua e là quando meno te lo
aspettavi con velocità incredibile lasciando sempre delle impronte, di
indole di solito benevola, ma burbera e selvaggia, suscettibile e
vendicativo con chi tradiva la sua fiducia.
Grande esperto di natura, di boschi e di montagna e su come si affrontava
la vita in questi luoghi difficili, così ripidi e selvaggi.
Un tipo volubile come il tempo in montagna, che si divertiva a fare gli
scherzi come quello di intrecciare la coda degli animali o la criniera dei
cavalli, ma il tranello più famoso era senz’altro quello che faceva con le
sue “péche”,
orme invisibili che costringevano per forza d’incantesimo al malcapitato a
seguirne le impronte fino a giungere alla sua grotta che consisteva in un
"cogol"
su in alta montagna, qui vi beveva il latte delle sue caprette nere e
diventava succube della sua volontà, dimenticandosi tutto della sua
famiglia e dei ricordi passati ed era costretto a lavorare per lui e le
sue bestiole”.
La
raccomandazione che ci veniva fatta, non solo da ragazzi ma anche più
avanti negli anni quando dovevamo fare qualcosa di nuovo e impegnativo,
era di fare molta attenzione e di……
NO CASCAR ENTRO LE PECHE DEL MAZAROL!
© Cassol
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